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(Q-6) Estensione del modello di Bohr

L'atomo del sodio

Livelli energetici del sodio e dell'idrogeno

    Dopo il precedente successo con il suo modello dell'atomo, Bohr cercò di estenderlo oltre l'idrogeno, in collaborazione con un collega più anziano, il teorico tedesco Arnold Sommerfeld. Essi notarono che gli atomi come il sodio si comportavano un po' come l'idrogeno, poiché la loro attività chimica coinvolgeva soltanto un elettrone. Questo voleva dire che vi era un singolo elettrone attivo con un'orbita lontana dal nucleo, mentre gli altri elettroni erano raggruppati vicino al nucleo.

    L'atomo di sodio è di per se stesso elettricamente neutro. Indichiamo la carica dell'elettrone con la lettera e: se l'atomo ha 11 elettroni, con una carica totale di –11e, come suggerito dai dati sperimentali, allora il suo nucleo deve controbilanciare questa carica con una carica positiva pari a +11e. Supponiamo che 10 dei suoi elettroni siano raggruppati simmetricamente rispetto al nucleo: allora nella zona più lontana, dove si trova l'elettrone esterno, la loro carica di –10e sarà approssimativamente bilanciata dall'effetto della carica elettrica 10e del nucleo. L'elettrone esterno risentirà perciò della forza elettrica dovuta soltanto alla carica +e al centro -- la stessa che nel caso dell'unico elettrone dell'atomo di idrogeno!

    Come si è detto nella precedente sezione, la quantità che era "quantizzata" -- che cioè poteva assumere soltanto valori uguali a multipli interi della costante di Planck h -- sembrava essere il momento angolare, un vettore associato alla rotazione attorno a un asse, che definiva la direzione di quel vettore. Se un elettrone ha massa m, distanza r dall'asse di rotazione, e la sua velocità attorno ad esso è v, allora il suo momento angolare è mrv.

    I livelli energetici dell'atomo del sodio, osservati sperimentalmente, hanno alcune somiglianze con quelli dell'atomo di idrogeno (come mostrato per confronto sul bordo destro della figura qui sopra), benché ciascun livello sia ora suddiviso in un'intera famiglia -- il livello n=4, per esempio, si suddivide in (4s, 4p, 4d, 4f) [queste lettere hanno ragioni storiche, che non saranno trattate qui]. Bohr e Sommerfeld pensarono che questi livelli rappresentassero orbite con diversa ellitticità, e quindi diversi momenti angolari. Presumibilmente, questo fatto spostava le energie dei livelli, anche se nessuno era in grado di calcolare questi spostamenti. Le linee che congiungono i livelli energetici rappresentano le transizioni "permesse", quelle cioè che possono emettere un fotone. Ovviamente, in natura avvengono solo alcune delle tante possibili transizioni.

Magnetismo e spin dell'elettrone

    Il momento angolare di una carica elettrica in rotazione è anch'esso associato con il magnetismo: un elettrone in orbita attorno a un nucleo è equivalente (in media) al passaggio di una corrente elettrica lungo la sua orbita, generando un campo magnetico, che a una certa distanza somiglia a quello di un piccolo magnete al centro, perpendicolare al piano dell'orbita. Il momento angolare del moto e l'intensità di quel magnete sono proporzionali. Se l'atomo è posto in un campo magnetico, l'interazione può cambiare il momento angolare e quindi il livello energetico -- che può variare in su o in giù, a seconda della direzione del "magnete".

    Il risultato sarebbe un ulteriore suddivisione dei livelli energetici in vari sotto-livelli molto vicini tra loro. Un "salto quantico" da lì verso un livello più basso può corrispondere a una di queste varie energie molto vicine tra loro, con il risultato che, invece di una singola riga spettrale a una ben fissata frequenza, si osserva ora un "multipletto" di varie righe spaziate di pochissimo tra loro. Questo era osservato in molti atomi, anche se qualcosa nella teoria sembrava che non quadrasse.

    Sembrò che due giovani fisici, George Uhlenbeck e Sam Goudsmit trovassero la spiegazione nel 1925: essi suggerirono che forse l'elettrone stesso era una sferetta in rotazione, con un momento angolare "di rotazione" ("spin") e un suo proprio magnetismo. Combinando lo spin con il momento angolare orbitale in modo da comporre i due vettori, e ricavando sperimentalmente alcune regole quantiche, si poteva comprendere la suddivisione dei livelli. Si ricavarono anche le regole per trovare quali livelli energetici potevano essere collegati tra loro e quali non lo potevano. Il magnetismo dell'elettrone in rotazione risultò esattamente uguale al doppio di quanto ci si aspettava, un fatto spiegato in seguito da Dirac, mediante la teoria della relatività. Tutto questo era ancora uno schema qualitativo, ma il modello in generale si accordava con i dati sperimentali.

La Tavola periodica

Negli elementi chimici con molti elettroni (come il sodio), gli elettroni più esterni possono saltare da un livello energetico a un altro. Ci si aspetta, invece, che gli elettroni posti più in basso, più vicini al nucleo, abbiano dei livelli energetici definiti. Mettendo gli elementi in ordine di peso atomico (ricavato dalla loro densità allo stato gassoso, o con altri metodi) si mettono in evidenza due caratteristiche. Una, ciascun elemento ha un elettrone in più rispetto a quello precedente (e questo è anche provato con i raggi X), e due, alcune strutture tendono a ripetersi continuamente.

    Per esempio, il litio, il sodio e il potassio (e anche il rubidio e il cesio) hanno tutti un comportamento chimico simile, corrispondente ad un solo elettrone attivo; gli altri elettroni formano uno stretto ammasso sferico centrato sul nucleo. Queste strutture ripetitive (ne esistono parecchie) furono riscontrate per la prima volta nel XIX secolo dal chimico russo Mendeleev ("Mendeleyev"), che usò questo fatto per predire l'esistenza di altri elementi non ancora scoperti.

    I restanti elettroni situati nei compatti "ammassi" centrali del litio, sodio, potassio, ecc. sembrava che presentassero una configurazione piuttosto stabile. Gli elementi immediatamente precedenti a questi nella lista -- elio, neon e argon -- erano i "gas nobili" che resistevano a tutte le combinazioni chimiche, suggerendo che tutti i loro elettroni fossero in un ammasso attaccato al nucleo, con un legame così stabile che nessun altro atomo poteva spezzare.

    Che cos'è che determinava il numero degli elettroni in quell' "ammasso" -- e quindi il numero di elementi che occorreva contare perché un nuovo "periodo" venisse formato? Il litio era il 3º elemento, per cui il suo nucleo doveva avere 2 elettroni. Il sodio l'11º, e questo significava che 10 elettroni fossero nel nucleo, 8 in più del litio, probabilmente come "secondo strato" sopra quello del litio (e così via). Allora la struttura dei livelli energetici era nota dagli spettri, ciascuno con un numero di stati di momento angolare "permessi", e l'idea era che essi costituissero dei "gusci" che i livelli energetici permessi riempivano completamente. Questo modello in realtà funzionava, ma solo dopo che Pauli ebbe suggerito che ogni livello accoglieva esattamente due elettroni con spin opposto. Tra gli elementi più pesanti, talvolta i gusci si riempivano in un ordine diverso da quello che ci si aspettava (alcuni "più esterni" venivano prima di altri "più interni"), ma comunque il modello sembrava efficace.

    Ma soltanto il modello! Si potevano forse classificare i livelli energetici in ordine, ma non prevedere il loro valore. E neppure si poteva prevedere l'intensità delle linee di campo -- se un atomo si trovava al livello energetico "A", qual'era la probabilità relativa che saltasse verso il livello "B" o "C"? Perché, per esempio, le transizioni riguardanti il doppietto giallo del sodio erano così prevalenti che la loro luce dominava tutte le altre emissioni da parte di quell'atomo?

    E se un atomo sembrava rassomigliare ad un sistema planetario in miniatura, perché le frequenze dei fotoni emessi sembravano non correlate alle frequenze orbitali calcolate per un tale moto planetario? E perché quelle regole arbitrarie sui momenti angolari? La teoria Bohr-Sommerfeld sembrava che fornisse molti spunti, ma nessuna risposta precisa.


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