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(S-7) L'energia del Sole

    Il Sole è la fonte della maggior parte dell'energia esistente sulla Terra -- l'energia richiesta dalle fabbriche, l'energia che produce i moti atmosferici e dei corsi d'acqua (ciclo dell'acqua) e la fonte del calore che rende possibile la vita. Niente di tutto questo esisterebbe senza il Sole. Alla distanza dell'orbita terrestre, trascurando l'assorbimento atmosferico, su ogni metro quadrato orientato verso il Sole arrivano circa 1380 joule al secondo (quasi due cavalli vapore). Questa quantità è nota come costante solare e i sensori a bordo dei satelliti della NASA, nel periodo dal 1979 al 1999, hanno mostrato che tale costante è variata soltanto dello 0,2% (ved. il grafico su Nature, vol. 401, p. 841, 28 Ottobre 1999).

    Ma da dove trae il Sole la sua energia? Per quanto tempo risplenderà ancora, prima che il suo combustibile finisca? E da quanto tempo sta fornendo energia?

    Il primo a considerare seriamente queste domande fu il grande fisico tedesco Hermann von Helmholtz, il quale notò nel 1854 che la gravità stessa del Sole poteva fornire un'apprezzabile quantità di energia. Se il Sole stesse gradualmente restringendosi -- se cioè tutta la sua materia stesse cadendo gradualmente verso il suo centro -- poteva venire liberata abbastanza energia per mantenere la radiazione solare attiva per un tempo piuttosto lungo. Egli calcolò che questo fenomeno era in grado di fornire l'energia solare per tempi dell'ordine di oltre 20 milioni di anni.

    Successivamente fu scoperta la radioattività, il decadimento di elementi pesanti in altri elementi più leggeri mediante l'emissione di particelle veloci, contenenti una grande quantità di energia. Come risultò poi, era questa energia, proveniente dagli elementi radioattivi presenti nelle rocce, che forniva il calore interno della Terra. Questa radioattività fornì anche nuove stime per l'età della Terra, poiché la quantità di prodotti di decadimento accumulati nelle rocce poteva indicare da quanto tempo il processo era in corso. Questo suggerì che la Terra era molto più antica di quanto Helmholtz aveva stimato, forse vecchia di miliardi di anni. Poteva forse questa nuova fonte di energia interna fornire al Sole quanto era necessario per tempi così lunghi?

Fisica nucleare

    Gradualmente il quadro divenne più chiaro. Si trovò che gli atomi erano costituiti da un nucleo pesante, formato da protoni con carica elettrica positiva e da neutroni privi di carica elettrica, attorno al quale turbinavano leggeri elettroni con carica elettrica negativa. Un elettrone ha una massa che è circa 1/1840 di quella del protone, il quale costituisce anche il nucleo dell'atomo di idrogeno.

    Gli elettroni e il nucleo sono tenuti insieme dall'attrazione elettrica (le particelle negative attraggono quelle positive). Inoltre, talvolta gli elettroni sono in comune con atomi vicini o sono trasferiti su di essi (con processi di fisica quantistica), e questo legame tra atomi dà al nostro mondo i numerosi composti chimici.

    Ma qualcos'altro era necessario per tenere insieme i nuclei, poiché i vari protoni posseggono tutti una carica positiva e si respingono tra loro. Pertanto le forze elettriche non possono essere in definitiva la colla che tiene insieme un nucleo, poiché agiscono nella direzione sbagliata! Inoltre, per tenere i neutroni legati al nucleo chiaramente occorre un'attrazione di tipo non elettrico.

    Tutto questo faceva pensare a un tipo diverso di forza, una forza nucleare, che tenesse insieme i nuclei. Tale forza doveva essere più intensa della repulsione elettrica a brevi distanze, ma più debole a distanze maggiori, o altrimenti anche differenti nuclei tenderebbero a unirsi insieme. In altre parole, doveva esistere una forza di corta portata, come la forza che si esercita tra due magnetini, che sono molto difficili da separare quando sono a contatto ma che, quando sono posti a una certa distanza, la forza tra loro scende quasi a zero (anche se questa analogia non va presa troppo alla lettera!).

    In effetti sono due le forze attive in un nucleo, note semplicemente come "forte" e "debole", o più comunemente chiamate "interazione forte" e "interazione debole" (poiché il loro principale effetto è di convertire e di generare particelle). L'interazione debole influisce anche sugli elettroni e su altre particelle, ma nel nucleo il suo ruolo principale è quello di mantenere l'equilibrio tra protoni e neutroni, i quali, tranne che per la loro carica elettrica, sono particelle molto simili (sono differenti tipi di "nucleoni"). La struttura nucleare (almeno per quanto riguarda i nuclei leggeri) favorisce quei nuclei che contengono un uguale numero di protoni e neutroni, e anche se possono esistere moderate disuguaglianze (per esempio negli "isotopi"), quando questa diversità tra il numero dei protoni e quello dei neutroni diventa troppo grande, l'interazione debole può convertire i nucleoni di un tipo in quelli dell'altro tipo, emettendo nel processo un elettrone (o un positrone, la sua controparte positiva). Questo fenomeno è noto come radioattività beta, ma non ci addentreremo oltre su questo argomento.

    L'interazione nucleare forte (la sola forza nucleare che considereremo d'ora in avanti) può legare protoni e neutroni in un nucleo più grande. Essendo carichi positivamente, tutti questi nuclei si respingono tra loro e quindi, tranne che in presenza di estreme temperature e pressioni -- come esistono all'interno del Sole -- non è probabile che due diversi nuclei si combinino in un unico nucleo. La loro repulsione elettrica non permette loro di avvicinarsi abbastanza, tanto che subentri la forza nucleare.

L'energia di legame del nucleo

    In natura esistono nuclei di tante diverse dimensioni. Nell'idrogeno il nucleo è costituito da un solo protone, nell'idrogeno pesante ("deuterio") da un protone e un neutrone; nell'elio da due protoni e due neutroni, e nel carbonio, nell'azoto e nell'ossigeno, da 6, 7 e 8 di ciascuna di queste particelle, rispettivamente. È stato misurato il peso di tutti questi nuclei, e si è notato un fatto interessante: un nucleo di elio pesa un po' meno della somma dei pesi dei suoi componenti. Lo stesso vale anche per il carbonio, per l'azoto e per l'ossigeno -- il nucleo del carbonio, per esempio, è risultato essere un po' più leggero di tre nuclei di elio.

    Il motivo di questo "difetto di massa" ha a che fare con la famosa formula di Einstein E=mc2, che esprime l'equivalenza tra massa ed energia. Per questa formula, aggiungendo energia cresce anche la massa (peso e inerzia), sottraendo energia, diminuisce la massa.

    Se una combinazione di particelle contiene una energia supplementare, -- per esempio, in una molecola di esplosivo TNT -- pesandola, verrà rivelata una massa supplementare (rispetto al prodotto finale, dopo l'esplosione -- una differenza infinitesima, non misurabile, nel caso del TNT). Se, al contrario, dobbiamo investire dell'energia per separare la molecola nei suoi componenti, il peso sarà minore della somma di quello dei componenti.

    È questo il caso dei nuclei come quello dell'elio: per spezzarli in protoni e neutroni, occorre investire dell'energia. D'altra parte, se esiste un processo che procede in direzione opposta, in cui atomi di idrogeno si possono combinare per formare elio, sarà liberata una grande quantità di energia, esattamente E=mc2 per ogni nucleo, dove m è la differenza tra la massa del nucleo di elio e la massa di quattro protoni (più due elettroni, assorbiti per produrre i neutroni dell'elio).

    Procedendo verso elementi più pesanti dell'ossigeno, l'energia che può essere ottenuta combinandoli a partire da elementi più leggeri diminuisce, fino al ferro. Per nuclei più pesanti del ferro, in realtà si ottiene energia spezzandoli in 2 frammenti. È questo, infatti, il modo con cui viene estratta l'energia dalla fissione dell'uranio nei reattori nucleari.

    La ragione per cui si ha questa inversione dell'andamento dopo il ferro è dovuta all'aumento della carica positiva dei nuclei. La forza elettrica può essere più debole della forza nucleare, ma la sua portata è maggiore: in un nucleo di ferro, ogni protone respinge altri 25 nucleoni, mentre (si presume) la forza nucleare lega soltanto le particelle vicine.

Quando un nucleo cresce ancora di più, questo effetto distruttivo diventa sempre più significativo. Quando si arriva all'uranio (92 protoni), i nuclei non riescono a fare stare insieme una carica positiva così grande, ma emettono i protoni in eccesso nel processo chiamato radioattività alfa, cioè attraverso l'emissione di nuclei di elio, ciascuno contenente due protoni e due neutroni. (I nuclei di elio costituiscono una configurazione particolarmente stabile). Nuclei ancora più pesanti non si trovano in natura, sulla Terra.

L'origine dell'energia solare

    Si ritiene che il Sole abbia un'età di circa 5 miliardi di anni, e che si sia formato quando la gravità ha riunito insieme una vasta nube di gas e polvere, da cui si sono formati anche la Terra e gli altri pianeti. L'attrazione gravitazionale ha liberato energia e ha riscaldato il Sole primitivo, più o meno nel modo che Helmholtz aveva suggerito.

    Il calore non è altro che il moto degli atomi e delle molecole: più è alta la temperatura, e maggiore è la loro velocità e più violente sono le collisioni tra loro. Quando la temperatura al centro del Sole appena formatosi divenne abbastanza elevata in modo che le collisioni tra i nuclei vincevano la repulsione elettrica, i nuclei cominciarono ad attaccarsi tra loro e i protoni si combinarono per formare l'elio, e in tale processo alcuni protoni si trasformarono in neutroni (oltre ai positroni, elettroni positivi, che combinandosi con gli elettroni venivano distrutti). Questo processo liberava energia nucleare e manteneva alta la temperatura del nucleo del Sole, e il calore manteneva anche alta la pressione dei gas, così che il Sole si gonfiava verso l'esterno, impedendo alla gravità di farlo collassare di nuovo.

    È questo, in termini molto semplificati, il processo della "fusione nucleare" che tuttora avviene all'interno del Sole. Diversi tipi di reazioni nucleari predominano durante le diverse tappe dell'esistenza del Sole, inclusa la reazione protone-protone e il ciclo del carbonio-azoto che coinvolge nuclei più pesanti, ma il cui prodotto finale è sempre la combinazione di protoni per formare elio.

    Una branca della fisica, lo studio della "fusione nucleare controllata", ha cercato fin dagli anni '50 del ventesimo secolo di ricavare energia dalle reazioni di "fusione nucleare" in cui piccoli nuclei si combinano per formarne di più grandi -- energia da utilizzare per far bollire l'acqua in caldaie e produrre vapore, così da azionare turbine per generare energia elettrica. Purtroppo, nessun laboratorio sulla Terra può uguagliare le caratteristiche della fornace solare -- la grande massa del Sole, il cui peso mantiene compresso il plasma caldo e confina la "fornace nucleare" nel centro del Sole. Invece i fisici usano intensi campi magnetici per confinare il plasma, e come combustibile viene usato l'idrogeno pesante (deuterio), che "brucia" più facilmente. Comunque, queste trappole magnetiche sono piuttosto instabili, e quando il plasma è caldo e denso abbastanza per subire la fusione nucleare, esso tende a sfuggire dalle trappole in breve tempo. Anche con trucchi ingegnosi, il confinamento nella maggior parte dei casi dura solo un piccola frazione di secondo.

    Ancora oggi il Sole è costituito per lo più da idrogeno. La riserva di combustibile che ha mantenuto attivo il Sole già per 5 miliardi di anni dovrebbe ancora durare altrettanto per il futuro.

L'evoluzione delle stelle

    Esclusi i 5 pianeti, tutte le stelle che vediamo di notte sono altrettanti soli: alcune sono più grandi del nostro, altre sono più piccole, altre si trovano in uno stadio precedente della loro evoluzione, altre in uno stadio successivo, e altre ancora si sono evolute in modo completamente diverso, per varie ragioni. Il telescopio permette agli astronomi di osservare e confrontare stelle di diverse dimensioni e in vari stadi della loro evoluzione. Il loro spettro ci dà informazioni circa la temperatura, le righe spettrali rivelano qualcosa della loro composizione, e su queste basi è stata formulata una teoria generale della "evoluzione stellare", che naturalmente vale anche per il nostro Sole, una tipica stella della "sequenza principale".

    Tutte queste stelle bruciano idrogeno per produrre elio, dove per "bruciare" si intende il processo di fusione nucleare, non certo il processo chimico (completamente inadeguato) del fuoco. Le stelle grandi bruciano rapidamente e in modo molto brillante, come la candela nella poesia di Edna St. Vincent Millay

La mia candela arde da entrambi i lati;
Tutta la notte non durerà;
Però ah! miei nemici e miei amici
Una luce adorabile ci dà!
(Ce n'è un'altra simile, più sotto)
        Le stelle piccole durano più a lungo e molte sono poco luminose; ma comunque, a prescindere dalla loro dimensione, tutte le stelle alla fine avranno consumato tutto l'idrogeno. Una stella può ancora produrre energia "bruciando" nuclei più pesanti e combinandoli in nuclei ancora più pesanti, fino al ferro: questo è possibile in teoria, ma fornisce molto meno energia e non allunga di molto la vita di una stella. Quando tutto il combustibile è esaurito, la gravità ritorna di nuovo ad essere la fonte principale di energia e la stella comincia a collassare su se stessa.

    La Terra mantiene le sue dimensioni poiché la sua gravità non è così forte da frantumare le rocce di cui è costituita. Non è così per una stella abbastanza massiccia da sostenere il processo di fusione nucleare. Una stella piccola può schiacciare tutti i suoi atomi insieme, formando una "nana bianca" -- cioè della metà della massa del Sole ma di dimensioni metà di quelle della Terra. Viene ancora emessa un po' di energia (per questo si chiama "bianca"), ma alla fine la stella probabilmente diventerà cenere scura.

    Questo può essere anche il fato del nostro Sole. Nella fase finale avvengono strani cambiamenti: la stella diventa una "gigante rossa", diffusa ed enormemente grande, e poi successivamente molto del suo materiale viene espulso nello spazio così da formare una nebulosa "planetaria", ma non vi è un'esplosione. Ved. "The Complexity of Stellar Death" (La complessità della morte di una stella) di Yervant Terzian, "Science" vol. 256, p. 425-6, 15 Ottobre 1999.

Le supernovae

    Le stelle di dimensioni varie volte quelle del nostro Sole hanno una gravità abbastanza intensa da comprimere insieme non solo gli atomi ma anche i nuclei, concentrando così tutta la materia in una sfera di circa 15 chilometri di diametro. Dopo il loro collasso, queste stelle diventano "stelle di neutroni" costituite soltanto da neutroni (avendo tutti i protoni commutato la loro forma), nuclei giganti densi come quelli al centro degli atomi. Viene liberata una enorme quantità di energia in questo collasso finale che è piuttosto rapido, in cui vengono espulsi gli strati più esterni della stella che collassa e in cui si producono gli elementi più pesanti del ferro.

    Questo evento catastrofico è noto come un'esplosione di una supernova (tecnicamente, di una "supernova di tipo 2"). Tycho Brahe ebbe la fortuna di osservare un fenomeno simile avvenuto nella nostra galassia, in cui la luminosità superò quella di Venere e il fenomeno fu visibile anche in pieno giorno. I cinesi ne osservarono uno nell'anno 1054 nella costellazione del Cancro, nello zodiaco, e ancora un altro avvenne ai tempi di Keplero. Da allora, tuttavia, sembra che non ne sia avvenuto nessun altro in prossimità della Terra. L'evento più notevole di questo genere fu osservato (in modo piuttosto accurato) nel 1987 nella Grande Nube di Magellano, una piccola galassia, satellite della nostra (ved. l'immagine qui sopra; la nube più interna è quella prodotta dall'esplosione, mentre gli anelli sembrano più antichi). Per altre notizie sulle supernovae, ved. qui

    Il materiale espulso dall'esplosione di una supernova alla fine si disperde attraverso lo spazio, e una parte di esso si raggruppa in nubi di polveri e gas che in seguito formano nuove stelle e pianeti. Tutti gli elementi che si trovano sulla Terra, più pesanti dell'elio (eccetto forse una piccola quantità di litio) probabilmente sono stati generati in questo modo: prodotti della fornace nucleare in qualche stella pre-solare, liberati o generati nell'esplosione che ha accompagnato il collasso finale. Il nostro corpo è fatto di polvere di stelle -- il carbonio, l'ossigeno, l'azoto e gli altri elementi sono stati tutti prodotti dalla fusione nucleare.

    Per quanto riguarda i "resti di una supernova" che rimangono dopo il collasso, il loro destino dipende dalla massa. Se la stella non era troppo massiccia, i resti formano, come si è spiegato, una stella di neutroni. Se la stella originariamente ruotava attorno al suo asse, la velocità di rotazione viene enormemente aumentata; i resti della supernova del 1054 (la nube espulsa, la "Nebulosa del Granchio" è mostrata qui a sinistra) compiono circa 30 rotazioni al secondo! Anche un eventuale campo magnetico, presente nella stella originaria, viene enormemente amplificato, e i fenomeni ad esso associati possono far sì che vengano emessi fasci di onde radio. Le pulsar, sorgenti pulsanti di onde radio, con un periodo di pulsazione estremamente stabile, sono state prodotte in questo modo. Tra l'altro, la Nebulosa del Granchio si sta ancora espandendo. Ved. qui per un confronto tra due immagini prese a 30 anni di distanza. Un'altra immagine, molto dettagliata, della nebulosa si può vedere qui.

    Aggiunto il 20 ottobre 1999: Il nuovo telescopio orbitante per raggi X Chandra ha ottenuto una immagine a raggi X in alta risoluzione della regione centrale della nebulosa del Granchio. Prima di allora, gli astrofisici ipotizzavano che la stella residua fosse circondata da detriti orbitanti, con particelle di alta energia sparate violentemente lungo il suo asse magnetico, l'unica direzione in cui le linee del campo magnetico non le tengono confinate. L'immagine a destra mostra che tutto questo è abbastanza verosimile. Per vedere una immagine dei resti di una supernova nella costellazione del Centauro, come osservati dalla sonda Chandra fare clic qui.

    Secondo la teoria, una stella molto più massiccia del Sole collasserà ulteriormente e diventerà un buco nero. Quello che avviene può essere soltanto ipotizzato e calcolato, ma non osservato, poiché la gravità della stella nello stato collassato è così intensa che né luce né informazioni di alcun genere possono tornare nel mondo esterno. Ci si aspetta quindi che tali oggetti siano completamente neri; sono quindi chiamati "buchi neri" poiché, secondo la teoria della relatività generale, la materia in una tale stella continua a cadere indefinitamente, finché la stella si contrae in un punto. Così in teoria una tale stella è simile al proverbiale pozzo senza fondo, anche se nessuna osservazione potrà mai confermarlo.

    Benché gli astronomi non possano vedere tali oggetti, essi sono persuasi della loro esistenza, almeno in certe localizzazioni. Da un po' di tempo si pensa che un buco nero molto massiccio si trovi al centro della nostra galassia e, se è così, probabilmente sarà lo stesso per il centro di altre galassie, e questo le aiuterebbe a tenerle insieme. Abbiamo oggi prove piuttosto definite e anche una buona stima di quanta dovrebbe essere la massa di un tale mostruoso oggetto. La storia di questa scoperta è riportata nella sezione seguente, "Un buco nero al centro della nostra galassia".


Un'altra versione della poesia di Edna St. Vincent Millay:


Domande poste dagli utenti:
***         Che cosa impedisce al Sole di esplodere?
      ***       Come insegnare il processo della fusione nucleare.
            ***         Qual'è la più vicina stella al di fuori della nostra galassia?
                  ***         Che cos'è il collasso gravitazionale?
                        ***       Come sono stati creati i pianeti?
                              ***       La temperatura del Sole e la densità di energia della luce solare.
                                    ***       Che cosa fa brillare il Sole così intensamente?

Questo conclude la nostra discussione sul Sole. "Dagli astronomi alle astronavi" continua con alcune sezioni concernenti il volo spaziale e le astronavi, cominciando con Il principio del razzo.
      Per la sezione "Un buco nero al centro della nostra galassia" menzionato precedentemente, si può fare clic qui.

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